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La Pasqua in carcere nel segno della speranza

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Una celebrazione della messa pasquale commovente, quella che si è svolta nel carcere delle Novate a Piacenza, il 31 marzo. Il rito svoltosi nella sala del teatro della Casa Circondariale, nella mattina di Pasqua, seguito anche dal Tg Regionale di Rai3, alla presenza dei detenuti, dei volontari e delle autorità locali, è stato presieduto dal Vescovo mons. Adriano Cevolotto, affiancato da don Adamo Affri, cappellano del carcere e dal diacono Mario Idda, direttore della Caritas diocesana.

Il saluto commovente dei bambini
Fin dall’inizio si è respirato un caldo abbraccio emotivo per le parole di don Adamo che ha letto un biglietto di un gruppetto di bambini del catechismo di una parrocchia della città, che hanno voluto scrivere un augurio agli amici in carcere: “Sappiamo che qualcuno di voi sta vivendo un tempo di attesa e, per qualcuno, un tempo di lontananza dalla propria famiglia. Qualcuno magari è triste o arrabbiato perché vorrebbe tornare indietro e cambiare le scelte che ha fatto. Ma oggi è Pasqua e le nostre catechiste ci hanno detto che a Pasqua, Gesù ci libera tutti dalla morte perché lui l'ha combattuta e l'ha vinta. Non abbiamo capito bene cosa vuol dire, ma sappiamo che se c'entra Gesù possiamo sentirci al sicuro. Auguriamo anche a voi di sentirvi al sicuro con Gesù anche se a volte le situazioni da affrontare sono molto difficili. Vi mandiamo un saluto”.

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La croce dell’Assofa
Anche il Vescovo, nell’omelia, ha aggiunto parole che hanno toccato il cuore dei detenuti spiegando il significato della croce portata in dono da lui stesso ai carcerati, frutto del lavoro dei ragazzi disabili dell’Assofa di Piacenza.
“Quando me l'hanno regalata - ha affermato mons. Cevolotto - mi hanno detto: “questa te la porti a casa…”. Allora mi è venuto spontaneo dire loro di volerla donare ai carcerati, ed essi hanno approvato l’idea, mostrando grande contentezza”. Il Vescovo ha quindi spiegato il significato di questo lavoro, realizzato dai ragazzi dell’Assofa, che è stato eseguito con tanti fiori, di colori diversi, e tanti petali strappati, tutti inseriti in una colata di cera che li ha uniti. “La Pasqua - ha sottolineato il Vescovo - ci dice proprio questo, che non c'è strappo che non possa essere recuperato, che non possa essere ricomposto in una nuova armonia, in una vita nuova. Questi fiori hanno ripreso vita, perché c'è stato qualcuno che li ha messi insieme, qualcuno che li ha uniti dentro a questa cera, ed anche questa, fatta con dei pezzi avanzati di candele, ha avuto una rinascita. È bello immaginare - ha detto mons. Cevolotto - che la nostra vita possa avere questa destinazione, anche quando ci verrebbe da dire che c'è qualcosa da buttare via, in realtà la croce fiorita ci dice che tutto si può recuperare”.
Continuando la spiegazione della croce, il Vescovo ha evidenziato che il centro è più luminoso e poi i colori si attenuano verso le estremità. “Noi vogliamo oggi celebrare - ha precisato mons. Cevolotto - questa luce, cioè questo cuore, che è al centro. Se questa croce fosse la rappresentazione della vita di ciascuno, potremmo dire che c'è un cuore caldo, una luce al centro, che illumina tutto. È il cammino che state facendo, che facciamo tutti, quello di lasciare che un po' alla volta le tenebre, le nuvole, la pioggia, le giornate uggiose, vengano sostituite dal sole, dal calore… Anche per ciascuno di voi ci sia quella luce, quel cuore, capace di riscaldare e di rimotivare la speranza, perché c'è Pasqua per tutti!”.
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Guardare al futuro
Al termine della celebrazione la direttrice del carcere, Maria Gabriella Lusi, ha ringraziato il Vescovo, i volontari, le autorità, il coro e i detenuti e tutto il personale della Casa Circondariale. Ha evidenziato, rifacendosi alle parole del Vescovo, che la speranza non è scontata, ha bisogno di sentimenti, ha bisogno di esempi, ha bisogno di incontri come quelle che si è vissuto nella mattina di Pasqua.
Infine il Vescovo ha ricordato, prima della benedizione finale, il significato del sabato santo, paragonandolo al tempo di attesa che si vive in carcere. Questo, se orientato verso la domenica di resurrezione, è un tempo di silenzio, di pentimento, ma diretto verso il nuovo che arriva. Mons. Cevolotto poi, salutando ad uno ad uno i detenuti e le detenute, ha regalato ad ognuno un biglietto pasquale con il ramoscello d’ulivo.
La celebrazione in carcere ha fatto emergere come Cristo è simbolo di speranza per tutti, senza distinzioni ed ha fatto comprendere ai carcerati come ogni uomo e ogni donna, indipendentemente dal percorso di vita intrapreso, possa trovare nel messaggio pasquale la forza di rialzarsi e di guardare al futuro. 

Riccardo Tonna

Pubblicato il 1° aprile 2024

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